PATCHWORK

Professor
Guilherme Machado Vaz [PT]

PATCHWORK

“He said: ‘It is all useless, if the last landing place can only be the infernal city, and it is there that, in ever-narrowing circles, the current is drawing us.’

And Polo said: ’The Inferno of the living is not something that will be; if there is one, it is what is already here, the Inferno where we live every day, that we form by being together. There are two ways to escape suffering it. The first is easy for many: accept the inferno and become such a part of it that you can no longer see it. The second is risky and demands constant vigilance and apprehension: seek and learn to recognize who and what, in the midst of the Inferno, are not Inferno, then make them endure, give them space.’ ”

Italo Calvino, Invisible Cities.

Porto Marghera may be called a living Inferno. The reason why we may call it so is well known. It is an enormous territory filled with dirty or abandoned industry related to Oil, Steel, Chemicals, et cetera. It is also where the Port of Venice stands and labours intensely. Porto Marghera has been developing for the last 100 years as an Industrial hub that links the Adriatic ocean routes with northern Italy and Europe as a consequence of the ancient industrial, business and comercial tradition of Venice. What we witness today in Porto Marghera may be named as an ‘unanticipated consequence of purposive social action’ as Robert K. Merton put it back in 1936. In fact, a political and economical option that made perfect sense one hundred years ago in order to follow progress – as the city grew – proved to be quite inappropriate in terms of location, with dangerous consequences for the environment, citizens, tourists and, consequently, menacing historical heritage and tourism economy.

Meanwhile, the phisical, social and environmental relation between Porto Marghera and it’s surroundings is unbalanced and poor. In addition, we can find a lot of abandoned industrial areas although it is still soon, according to Francesco Venezia, to speak about ‘Industrial archeology’. Also, as Aldo Aymonino states, it is not possible to intervene at once and control such an extent of territory in order to design a global project for the whole area both for political and economical factors. In his opinion, with which we agree, Porto Marghera will have continuous small interventions that will be added in the course of time.

Having that in mind and Alberto Farlenga’s quest for a global strategy, we think that it is necessary to work at two different scales at the same time. We propose, as subject for our workshop, to work the scale of the whole territory of Porto Marghera and another scale that includes one selected part of that territory.

The bigger scale will have to resolve the connections between the borders of Porto Marghera and its surroundings. It will be a process of selecting what must be kept, deleting what has no use or function and start sewing all these parts together like a Patchwork. It’s about ‘seek and learn to recognize who and what, in the midst of the Inferno, are not Inferno, then make them endure, give them space’.

The smaller scale intervention, will have to bring an architectonic proposal which is capable to give new life to Porto Marghera and start a long and difficult revitalising process. We chose Tresse Island (Reclaimed Mud Island) as the site for this project because it is a real empty and artificial space created by man, with no use but landfill, that can work as an heterotopy of compensation described by Focault as ‘another real space, as perfect, as meticulous, as well arranjed as ours is messy, ill constructed, and jumbled.’ Also, it stands between Marghera and Venice and works as the main façade of Porto Marghera for those who arrive by boat or live in La Serenissima. It definitely has a very important role in the future of Marghera’s territory as a link between different realitys.

Further information will be given to students at the workshop.


“ Disse: ‘Tutto è inutile, se l’ultimo approdo non può essere che la città infernale, ed è là in fondo che, in una spirale sempre più stretta, ci risucchia la corrente.’

E Polo: ‘L’Inferno dei viventi non è qualcosa che sarà; se ce n’è uno, è quello che è già qui, l’Inferno che abitiamo tutti i giorni, che formiamo stando insieme. Due modi ci sono per non soffrirne. Il primo riesce facile a molti: accettare l’inferno e diventarne parte fino al punto di non vederlo più. Il secondo è rischioso ed esige attenzione ed apprendimento continui: cercare e saper riconoscere chi e che cosa, in mezzo all’inferno, non è inferno, e farlo durare, e dargli spazio.’ ”

Italo Calvino, Le città invisibili.

Porto Marghera può essere chiamata un Inferno vivente. La ragione per cui la possiamo chiamare così è ben conosciuta. Si tratta di un enorme territorio riempito da industrie sporche o abbandonate, connesse all’Olio, all’Acciaio, alla Chimica, etc. È anche dove si trova e lavora intensamente il Porto di Venezia. Porto Marghera ha sviluppato negli ultimi 100 anni un polo industriale che collega le vie d’acqua adriatiche con l’Italia settentrionale e l’Europa, come conseguenza dell’antica tradizione veneziana industriale, d’affari e commerciale. Ciò a cui stiamo assistendo oggi a Porto Marghera può essere chiamato un’“imprevista conseguenza di un’azione sociale intenzionale”, come avrebbe detto Robert K. Merton nel 1936. Infatti, una scelta politica ed economica che aveva perfettamente senso un centinaio di anni fa, nell’ottica di seguire il progresso – dato che la città stava crescendo – si è dimostrata piuttosto inappropriata in termini di localizzazione, con conseguenze pericolose per l’ambiente, i cittadini, i turisti e, di conseguenza, minacciando il patrimonio storico e l’economia turistica.

Nel frattempo, la relazione fisica, sociale e ambientale tra Porto Marghera e i suoi dintorni è mal bilanciata e scarsa. In aggiunta, troviamo un grande numero di aree industriali abbandonate, nonostante sia ancora presto, a seconda di quanto sostenuto da Francesco Venezia, per parlare di ‘archeologia industriale’. Inoltre, come afferma Aldo Aymonino, non è possibile intervenire con una singola azione e controllare un territorio così esteso, al fine di ridisegnare un progetto globale per l’intera area, sia per fattori di tipo politico che economico. Secondo le sue idee, con le quali ci troviamo d’accordo, Porto Marghera sarà oggetto di continui piccoli interventi che verranno di volta in volta aggiunti nel corso del tempo.

Tenendo questo a mente, assieme alla ricerca di Alberto Ferlenga per una strategia globale, pensiamo che sia necessario lavorare in contemporanea su due scale diverse. Proponiamo, come tema per il nostro workshop, di lavorare alla scala dell’intero territorio di Porto Marghera e, ad un’altra scala che includa una parte a scelta di quel territorio.

Alla scala più grande il compito sarà quello di risolvere la connessione tra i margini di Porto Marghera e le aree circostanti. Si tratterà di un processo di selezione di quanto dovrà essere mantenuto, di cancellazione di quanto è privo di utilità e funzione e di iniziare a cucire tutte queste parti insieme come in un Patchwork. Si tratterà di ‘cercare e saper riconoscere chi e che cosa, in mezzo all’Inferno, non è Inferno, e farlo durare, e dargli spazio.’

Alla scala di intervento più piccola, sarà necessario fare una proposta architettonica che sia in grado di dare nuova vita a Porto Marghera e iniziare un lungo e complesso processo di rigenerazione. Abbiamo scelto l’Isola delle Tresse (Reclaimed Mud Island) come sito per questo progetto in quanto si tratta di uno spazio creato dall’uomo effettivamente vuoto e artificiale, senza altro uso che quello di discarica, che può funzionare come una eterotopia di compensazione, descritta da Focault come ‘un altro spazio reale, così perfetto, così meticoloso, così ben sistemato come il nostro è disordinato, mal costruito e confusionario.’ Inoltre, si trova tra Marghera e Venezia e rappresenta la facciata principale di Porto Marghera per coloro che arrivano via acqua o che vivono nella Serenissima. Ha certamente un ruolo molto importante nel futuro del territorio di Porto Marghera, come link tra le due realtà differenti.

Ulteriori informazioni verranno date agli studenti durante il workshop.

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